Confusional Quartet -EMILIAEXCLUSIVE-


I Confusional Quartet erano l’intellighenzia nel dilagante punk rock. Eravamo alla fine degli anni ’70 e Bologna esplodeva come una polveriera. I Confusional Quartet facevano jazz-rock wave e molti, anche al di fuori dei patri confini, si accorsero di loro. Dopo qualche stagione la band arrivò al capolinea, troppo avanti, o forse non supportata in maniera adeguata. Chissà? Oggi a distanza di trenta anni i Confusional si sono riformati nella line-up originale e hanno pubblicato un album d'inediti per la bolognese Ansaldi Records. Marco Bertoni ed Enrico Serotti ci conducono per mano nel nuovo viaggio.


Cosa, o chi vi ha portati dalle parti dell'Ansaldi Records?
Quando abbiamo deciso di ritrovarci a suonare, abbiamo pensato di farlo nelle sale prova del centro Vecchio Son di Bologna, l'idea di proporre all'Ansaldi (la piccola etichetta che fa riferimento al Vecchio Son) "Italia Calibro X", è stata una scelta naturale. Inoltre sentiamo che quest'album è legato ad argomenti come Bologna, la cultura underground in questa nostra città e per noi il Vecchio Son e l'Ansaldi rappresenta oggi una parte di questa realtà.

L’album è stato registrato in presa diretta. Era il metodo di lavoro dei Confusional anche all’epoca?
Sì, era il metodo di lavoro seguito anche allora. Eravamo obbligati a farlo considerando i mezzi tecnici a disposizione a quel tempo. Il primo album fu registrato in due giorni su un otto piste. Però questa volta non ci sono nemmeno quelle poche sovra-incisioni di allora, in questo lavoro suoniamo dal vivo tutti insieme. L'album nasce dall'idea di mescolare alle registrazioni delle prime session altri contributi sonori. E' un'operazione condotta con Gianni Gitti, il nostro primo e fantastico produttore. Già all'epoca Gianni operò sui nostri pezzi, utilizzando solo il nastro magnetico, facendo mescolamenti con altre fonti sonore.

I Confusional sono un gruppo che si schiera, politicamente parlando?
Il Confusional Quartet è nato nel 1977. L'anno dei disordini di Bologna e del Movimento.  Per primi parlammo di futurismo nell'ambito dei gruppi rock e per questo fummo anche tacciati di fascismo. In sostanza non usando la voce, siamo sempre stati liberi dagli slogan. Secondo noi, allora come oggi, è il nostro contributo musicale alla scena alternativa ad avere un senso politico. Cercare di demolire schemi prestabiliti, destabilizzare certezze e proporre altre modalità espressive.  Questo è sicuramente politico.

La copertina e il titolo ricordano gli anni di piombo. Cosa voluta?
La cover è stata l'ultima cosa realizzata per questo disco e cerca di sintetizzare un po' il "mood" dell'operazione, così come spontaneamente si è venuta a creare.  E' stato sufficiente mettere dei manifesti delle nostre facce attaccati a un muro sotto i portici di Bologna e fotografarli. La grafica retinata crea un'immagine che riporta a quegli odori acri. Il titolo vuole ricordare i film italiani di serie B. In fondo questo è un album concert, una storia im/probabile e italiana fatta di suoni e musiche.

Quali sono le influenze musicali che vi siete portati in questo nuovo album?
La situazione musicale registrata nell'album è molto particolare e non è frutto di un lavoro di composizione e ricerca. Semplicemente quattro persone che dopo trenta anni si ritrovano in una stanza, accendono gli strumenti e suonano, come allora, senza parlarsi, senza guardarsi, esprimendosi in libertà. “Italia Calibro X” è in sostanza la postproduzione futurista delle registrazioni di alcune di queste improvvisazioni. I brani di quest'album, musicalmente parlando, sono stati suonati solo una volta e non sarebbe possibile ripeterli o riproporli, nessuno di noi sa cosa sta facendo.  Più in generale, se allora ammiravamo band come gli Area, i Devo e i Talking Heads, oggi suoniamo pensando a noi.

Cosa mi sono dimenticato di chiedervi?
"Progetti futuri?", ti avrei stupito.

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